La cucina dell’Isola d’Elba, una delle isole che fanno parte della Riserva di Biosfera Isole di Toscana MAB UNESCO, è frutto di continue migrazioni e occupazioni da parte di popoli diversi che ne hanno plasmato e arricchito le odierne caratteristiche.
Influenze dei popoli mediterranei nella cucina elbana
Alla fine del XVI secolo si trovava divisa in 3 stati: la parte sud era sotto il diretto governo del regno di Spagna; l’area attuale del comune di Portoferraio faceva parte del Granducato di Toscana; il resto dell’isola era sotto il dominio del principato di Piombino, tanto che per attraversare l’intera isola erano necessari tre lasciapassare.
La Spagna fin dal 1603, interessata ad avere un avamposto verso il centro del Mediterraneo, con il re Filippo III era riuscita ad impossessarsi dell’insenatura naturale di Longone (Porto Azzurro), costruendo il Forte San Giacomo. Questo periodo di convivenza con gli isolani portò alla creazione di diversi piatti poveri: come la Sburita o Sburrita, il Gurguglione e lo stoccafisso.
La Sburrita è una zuppa a base di baccalà con aglio olio e pane; il baccalà (merluzzo che ha subito un processo di salatura) è un pesce che non si trova nei mari del mediterraneo, all’epoca veniva commercializzato dagli spagnoli dal mare del nord Europa.
Il Gurguglione è uno stufato di verdure con prevalenza di peperoni, è molto simile ai piatti della penisola iberica ed anche alla ratatouille provenzale.
Infine lo stoccafisso all’elbana, piatto povero della tradizione di Rio Marina, è una pietanza a base di patate, pomodori, cipolle e stoccafisso (merluzzo essiccato all’aperto). Questo piatto viene preparato di frequente dagli elbani nei momenti di ritrovo (detti “ribotte”).
Nel versante occidentale dell’isola si riscontra anche un forte legame con i popoli liguri, grandi commercianti che approdavano nei mari elbani sia per pescare le acciughe che per acquistare vino prodotto sul territorio. I liguri lasciarono all’isola la preziosa cultura della salatura del pesce, oltre che la zuppa di acciuga e l’utilizzo della maggiorana in alternativa alla nepitella, usata soprattutto nella parte orientale dell’Elba.
Nella parte limitrofa a Portoferraio si evidenzia una forte impronta toscana sui piatti locali. Un esempio classico è il cacciucco, che è presente anche a Livorno, piatto poverissimo e realizzato con gli avanzi misti del pesce pescato.
Tra il XIII e il XVII secolo l’Elba subisce diverse incursioni da parte dei corsari barbareschi, che oltre a lasciare saccheggi e distruzione contribuirono anch’essi ad influenzare la cucina locale. Tale contaminazione è presente soprattutto nella cucina di Rio Marina e di Rio Elba, per esempio nella schiaccia briaca, fatta inizialmente di ingredienti di origine orientale come uvetta, mandorle e pinoli; solo successivamente con la versione attuale di questo dolce tipico (risalente all’Ottocento) troviamo l’aggiunta dell’Aleatico, vitigno tradizionale dell’Arcipelago toscano.
A tavola con Napoleone
L’isola d’Elba è conosciuta ai più per essere stata la meta dell’esilio di Napoleone Bonaparte. Quest’ultimo arrivò il 3 maggio 1814 dopo la sconfitta nella battaglia di Lipsia e vi rimase per 10 mesi fino alla notte del 26 febbraio del 1815 dove in occasione di un ballo di carnevale in maschera fuggì per riconquistare il trono di Francia. Napoleone oltre ad essere stato un grande imperatore è stato anche, nonostante ritenesse lo stare a tavola una perdita di tempo, un buongustaio. Amava principalmente la semplicità, gustava volentieri le polpette di carne, le alici e le sarde; secondo lo storico di Portoferraio Giuseppe Ninci gradiva molto anche il cacciucco. Ninci racconta che durante una passeggiata sulla darsena di Portoferraio, l’imperatore sentì il profumo della zuppa provenire da un’imbarcazione di un pescatore, egli si avvicinò incuriosito e lo assaggiò rimanendo molto colpito soprattutto dalla semplicità di questo piatto, tant’è che invitò il pescatore a cucinarlo nella propria dimora.
L’imperatore era anche molto goloso di dolci, pare che nella sua residenza di Villa dei Mulini avesse fatto allestire uno spazio apposito per il suo pasticcere di fiducia. Tra i dolci preferiti ricordiamo il gelato, che veniva prodotto grazie al ghiaccio accumulato dopo le nevicate invernali e mantenuto con le nivere, delle ghiacciaie a fossa, presenti nella parte occidentale del massiccio del monte Capanne. Inoltre, a Napoleone dobbiamo la creazione della prima DOC elbana (una delle prime in assoluto), egli riconobbe un grande privilegio al vino Aleatico. Napoleone un giorno assaggiò e apprezzò questo vino dolce dal proprio ufficiale di ordinanza, il quale possedeva delle vigne nel territorio di Longone.
L’importanza del vino nell’economia dell’Isola d’Elba
Fin dal periodo romano, attraverso le preziose anfore vinarie ritrovate nei fondali elbani o anche dalla celebre descrizione che Plinio il Vecchio diede dell’Elba nel primo secolo dopo Cristo, ovvero di “Insula Vini Ferax” (“isola feconda di vino”), la viticoltura ebbe un ruolo fondamentale nella società elbana. Ne possiamo trovare conferma in numerosi reperti scritti nel corso dei secoli successivi, come la Monografia agraria del circondario dell’Isola dell’Elba, dell’ingegnere Giacomo Pullè, scritta nel 1879, che dice:
Il vino è la grande risorsa dell’Isola d’Elba: se per un accidente quella venisse a mancare, questa piomberebbe d’un tratto nella miseria, intesa nel più stretto senso della parola. Credo di essere nel vero asserendo che il benessere morale e materiale, e l’aumento della popolazione elbana ha camminato di pari passo collo sviluppo della sua industria vinifera.
Altre statistiche raccolte a fine secolo attestano, come per confermare le parole del Pullè, la produzione di circa 123.000 hl di vino ottenuto dalle varietà Biancone, Procanico, Moscato bianco, Malvasia, Ansonica, Sangioveto, Aleatico ed altre ancora, grazie ad una superficie viticola stimata di circa 5.000 ettari tra il 1880 e il 1888, ben 1/4 circa della superficie totale dell’Isola d’Elba. Una volta raggiunta questa immensa capacità produttiva, per il mondo vitivinicolo elbano è cominciato però un lento declino; dapprima con la terribile invasione della Fillossera e la concomitante apertura degli Altiforni a Portoferraio nei primissimi anni del Novecento, e definitivamente nel secondo dopoguerra con l’avvento del turismo. Quel mondo contadino basato su piccoli appezzamenti a conduzione familiare, sul commercio dei propri vini “in continente” per la mera sussistenza, appare oggi ancora ai nostri occhi scoprendo in vecchie cantine palmenti tradizionali, oppure osservando le imponenti opere di terrazzamento dei ripidi pendii delle colline elbane e in particolar modo del Monte Capanne.
Il Progetto “ELBA: INSULA VINI FERAX”
Per non dimenticare l’importanza che ha avuto la viticoltura per l’Isola, il CAI Isola d’Elba, insieme alle aziende agricole locali, ha avviato quest’anno un nuovo progetto denominato “ELBA: INSULA VINI FERAX”. L’iniziativa nasce dalla volontà di accompagnare gli appassionati esploratori del territorio, passo dopo passo, tra le innumerevoli trasformazioni avvenute all’interno del settore vitivinicolo elbano negli ultimi decenni.
Nello specifico vengono mostrate le differenze tra la viticoltura tradizionale ed eroica condotta per secoli sui ripidi pendii del Monte Capanne, e quella contemporanea, caratterizzata dall’uso di moderne tecniche agronomiche ed enologiche volte ad ottenere la massima qualità del prodotto.
Ringraziamenti
La cucina elbana come detto all’inizio nasce dall’incontro di diverse culture gastronomiche mediterranee, ha avuto protagonisti illustri e molti dei suoi piatti sono tuttora apprezzati dagli isolani e dalla folta schiera di turisti che ogni anno visitano l’isola. Vi sono cuochi, chef e persone appassionate che contribuiscono a tutelare l’unicità e identità dell’Elba. Ringraziamo calorosamente Alvaro Claudi, sicuramente tra queste una vera e propria autorità sul tema della storia della cucina elbana, per aver condiviso la sua conoscenza con noi attraverso un’intervista senza la quale questo articolo non sarebbe stato così ricco di argomenti e di aneddoti interessanti. Riportiamo pertanto di seguito un video di Alvaro Claudi e invitiamo i lettori a tuffarsi nella lettura di uno dei suoi libri, da “Zuppe e stornelli”, a “Né carne né pesce”, “Di bocca in bocca”, fino “A tavola con l’imperatore” e tanti altri.